L'espressione Femminismo Critico del Genere si riferisce a quella
branca del femminismo che considera il genere un costrutto sociale dannoso,
spesso confuso con il sesso.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il genere come "ruoli, comportamenti, attività e qualità socialmente costruiti e considerati appropriati per gli uomini e le donne".
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il genere come "ruoli, comportamenti, attività e qualità socialmente costruiti e considerati appropriati per gli uomini e le donne".
Le femministe critiche del genere ritengono che i ruoli, i
comportamenti e le qualità attribuiti alle donne costituiscano una forma di prevaricazione
che rinforza la loro subordinazione agli uomini. Ritengono altresì che i ruoli,
i comportamenti e le qualità attribuite agli uomini servano a preservare il
loro dominio sulle donne. Pertanto, alcune femministe critiche del genere si
considerano "abolizioniste del genere" e combattono contro gli stereotipi di
genere.
Di conseguenza, le femministe critiche del genere (più in generale tutte le femministe radicali e anche qualche femminista liberale) non credono nel concetto di "identità di genere". Il genere è una gerarchia. Uno strumento usato dal patriarcato per opprimere le donne.
Di conseguenza, le femministe critiche del genere (più in generale tutte le femministe radicali e anche qualche femminista liberale) non credono nel concetto di "identità di genere". Il genere è una gerarchia. Uno strumento usato dal patriarcato per opprimere le donne.
Consegue inoltre che le femministe critiche del genere
credono che le definizioni di "uomo" e "donna" dovrebbero basarsi solamente sulla
biologia, e non sui tratti reputati "mascolini" o "femminili" coerentemente con
le costruzioni di genere.
Le femministe critiche del genere rifiutano di essere chiamate cisgender (termine
definito dal dizionario Oxford come indicante una persona che si identifica in conformità
con il genere corrispondente al proprio sesso = che si identifica, dunque, in
conformità con ruoli, comportamenti e qualità che la società ha stabilito essere
appropriati per il suo sesso). I ruoli e i tratti di genere sono una forma di
oppressione socialmente costruita con cui nessuna di loro si identifica.
"Se il termine si riferisse a una condizione medica
caratterizzata da assenza di disforia sessuale, allora accetterei di essere
chiamata cis. Ma si riferisce all'identità di genere e io non ho un'identità di
genere. Sono una donna."
Per via del loro basare la definizione di "uomo" e "donna"
sulla biologia e non su qualche sorta di "sentirsi uomini o donne", le
femministe critiche del genere vengono sovente accusate di transfobia e
additate come TERF (femministe radicali trans escludenti).
Le femministe critiche del genere rifiutano l'assunto "le donne
trans sono trans" e sostengono che le donne abbiano il diritto ad avere spazi
propri e sicuri, specialmente alla luce degli epidemici livelli di violenza
maschile sulle donne. In alcuni paesi, le leggi basate sull'identità di genere
permettono a predatori di assumere identità femminile e ottenere accesso a
rifugi, spogliatoi, bagni e prigioni; luoghi che pullulano di ragazze e donne vulnerabili.
Le femministe critiche del genere rifiutano l'idea che gli
uomini possano avere le mestruazioni o partorire, così come l'idea che i problemi
legati alla libertà riproduttiva (aborto, contraccezione, assistenza materna) vadano
considerati come neutrali rispetto al sesso. Poiché la biologia femminile è
perno dell'oppressione delle donne, le femministe critiche del genere considerano
la libertà riproduttiva come una questione strettamente legata ai Diritti delle
Donne.
Spesso si parla delle TERF come di un gruppo di odio,
alla stregua dei Nazionalisti Bianchi. Forse anche per questo, il quantitativo
di minacce di stupro e morte rivolto alle femministe critiche del genere è
elevatissimo. È comune che persone misogine utilizzino il termine TERF per
rivolgere violentissimi insulti.
L'essere etichettate come TERF ha condotto a licenziamenti,
negazione di incarichi, interdizione da conferenze, rifiuto di pubblicazione di
contratti e persino perdita di finanziamenti.
Nonostante la censura, le minacce e le molestie, le
femministe critiche del genere continuano a scrivere e parlare contro gli
stereotipi di genere, la cultura dello stupro e la cancellazione della biologia
femminile, promossa dall'attivismo transgender e dall'attuale femminismo
cosiddetto trans-includente.